Sono andato a provare questa manifestazione ed è stata una vera avventura. Mai più senza!
Sabato 11 maggio 2019 è un giorno che ricorderò a lungo. La mia Morenica inizia verso le 14, quando parto da casa in direzione Volta Mantovana per il ritrovo con gli organizzatori per un giretto culturale. E già qui le prime avvisaglie di ciò che la Morenica realmente è: non una gara, non una cavalcata, ma un insieme di emozioni alla portata di tutti, dal giovane appassionato al vecchio pilota esperto. Infatti, appena arrivato al rendez vous, trovo una sfilza di teste brizzolate tutte intente ad ammirarsi reciprocamente i mezzi delle loro scorribande giovanili, ma anche dei conduttori decisamente più giovani che si presentano alla linea di partenza con dei cinquantini tutto pepe, o con delle moto che sanno di leggenda al punto tale da essere diventate oggetto del desiderio anche per chi, da ragazzino, poteva ammirare moto già decisamente migliori in termini tecnici, ma forse meno splendenti per l’aura di epicità che invece circonda quelle che hanno scelto. Il giretto organizzato per il sabato pomeriggio conferma la bontà del progetto umano che sta alla base della Morenica, il cui obbiettivo è stare bene e divertirsi, mettendoci quel qualcosa in più che non ha niente a che vedere con performances agonistiche. Siamo andati quindi a visitare il forte Ardietti, collocato tra il comune di Ponti sul Mincio e Peschiera del Garda, dove una guida ci ha illustrato le peculiarità di questo edificio dalla curiosa storia. Ma, per me che non ho pressoché nessuna esperienza in materia di fuoristrada, è stata anche un’ottima occasione per prendere contatto con il terreno e con la moto che mi è stata gentilmente fornita dagli organizzatori, una fantastica KTM Freeride 350. Questa moto, che ha praticamente riesumato il concetto di motoalpinismo rendendolo più veloce e performante, si è dimostrata la compagna perfetta per questo evento: mai troppo potente tanto da arrivare a metterti in crisi, giusti valori di coppia/peso, ideali per tirarti fuori dal fango colloso dei colli morenici con grande libertà di movimento, ed una grazia difficilmente spiegabile. Inoltre, anche se devo dire che non posso essere totalmente obbiettivo, visto quanto poco ho accelerato, non consuma veramente niente! L’avviamento elettrico, tra le altre cose, mi ha dato un grosso aiuto in quei momenti in cui mi sono dovuto fermare per aiutare qualche concorrente a rialzarsi o quando spegnevo la moto in bilico tra un fosso e delle piante per segnalare un potenziale pericolo a chi vedevo arrivare con un po’ troppa velocità per quel punto. Insomma: una moto che mi ha aiutato ad arrivare in fondo al giro più lei della mia esperienza generale come motociclista. Ovviamente ora sono curioso come un gatto di provare la sua evoluzione, la Freeride 250. Se si dimostrasse altrettanto facile e generosa, potrei davvero eleggerla come miglior moto da enduro per neofiti, visto che chi scrive ha vissuto in queste righe la sua prima esperienza sul tassello.
Il mio personalissimo shakedown è stato estremamente positivo, con un ottimo feeling sia per quanto riguarda il terreno, che per quanto riguarda la moto, ma soprattutto per quanto concerne la libertà di movimento che temevo potesse essere un po’ compromessa dalle mie nuove protezioni Ufo Plast. La pettorina sapevo di indossarla perché era impossibile si fosse spostata dalla sua posizione, ma per le ginocchiere ho dovuto controllare più volte nel corso della manifestazione, perché in alcuni momenti sembrava quasi fossero sparite. Che dire: sono sicuro che entrambe le protezioni siano molto comode, tuttavia ammetto che la semplicità del prodotto mi lascia spazio al pensiero che se dovessi fare qualche attività un po’ più impegnativa sarebbe meglio procurarsi materiale di un livello di protezione superiore, perché come sapete, per me la sicurezza è tutto, magari scegliendolo sempre tra l'offerta di alta gamma di Ufo Plast, ricca di soluzioni in tal senso. Rientrati alla base ci siamo trovati catapultati in una dimensione di festa paesana di quelle che vedi nei film d’annata, quelle genuine dove tutti si sorridono con sincerità, dove non ci si guarda per come si è vestiti o per il cognome che si porta, ma solo per quello che si è venuti a fare: divertirsi in moto.
Io ne ho viste cose, che voi umani...
Avete presente la MotoGP? Avete presente quei campioni, idolatrati al punto tale da sentirsi delle divinità? Ecco, dimenticatevi quel mondo lì. Alla Morenica trovate un “signor qualunque” come Franco Picco che brinda con un... notevolmente euforico... appassionato come se fossero conoscenti compaesani. Trovate un Oscar Polli che a me personalmente ha fatto spazio al suo tavolo per farmi mangiare e chiacchierare con lui e gli istruttori della sua scuola. Che dire di Stefano Passeri, che passa più tempo a stringere mani in coda per prendersi la sua cena, di quanto non faccia un AD in una riunione aziendale. Ma potete vedere gironzolare tra i tavoli anche le amiche di Donne in Sella, sempre sorridenti e cariche, anche quando sanno che dormiranno in un van senza nessun comfort: neanche una stufetta. Già questo potrebbe essere sufficiente per farvi capire cosa ci sia dietro alla Morenica, e invece no! Questa meravigliosa manifestazione viene catalogata nel nuovo corso della Federmoto, presente ed attivissima anche in loco nella persona di Rocco Lopardo, presidente commissione turistica e tempo libero, come una manifestazione Discovery Vintage Heroes… Beh, mai definizione fu più azzeccata. Infatti io di eroi ne ho visti parecchi, sabato sera. E non mi riferisco ai già citati piloti, ma, ad esempio, ai ragazzi della ASD VERSO ONLUS, che hanno voluto accompagnare i loro ragazzi con disabilità per far loro godere dell’ambiente sano e divertente garantito dalla festa serale; ma mi riferisco anche a tutti i presenti, dagli sponsor partecipanti all’evento a quelli tecnici ed economici, che hanno animato la serata fino ad orari poco consoni a chi la mattina successiva si doveva mettere in moto. Eroi, quindi, già dal sabato sera. p.s. Qualcuno si è sentito un po’ troppo eroe, ma poi ha dovuto cedere, e la mattina non ha nemmeno scaricato la moto dal furgone o dal carrello accampando scuse legate al maltempo ed alle pessime condizioni del tracciato….
La domenica mattina ci siamo svegliati con la stessa pioggia che ci ha accompagnati per tutto il sabato sera, a tratti più ed a tratti meno intensa, ma mai assente. Personalmente ero felicissimo, perché sono quel tipo di motociclista che se deve giocare, vuole dare il massimo nelle condizioni più dure. Probabilmente è una malattia che mi porto dietro dai miei anni di endurance, ma anche lì le gare con la pioggia si sono sempre dimostrate le mie preferite, perché una gestione intelligente della gara dai box, fa la differenza sul risultato finale. Tutti gli equipaggi si presentano schierati in fila per tre alla linea di partenza, dove gli organizzatori li fanno partire a distanza di qualche minuto gli uni dagli altri, in un’atmosfera di festa che mi ricorda ciò che ho visto nelle immagini del TT, ma senza quella tensione che accompagna una gara. Io sono partito da solo, essendo parte dello staff come giornalista, e così ho potuto apprezzare meglio i dettagli. Andavo con il mio passo, senza nessuna fretta, mi godevo il panorama, e dovevo stare attento alle indicazioni. Anche qui è necessario un plauso agli straordinari organizzatori, che hanno preparato un percorso vario e molto ben segnalato, ed hanno saputo ripristinare o modificare alcuni dettagli in base allo stravolgimento delle condizioni verificatesi a causa del temporale nella notte di sabato. Ho percorso tutte le tappe incontrando (e superando, in realtà) moltissimi partecipanti per poi farmi raggiungere e superare ad ogni punto ristoro, perché lo spirito della Morenica è anche questo: condividere le opinioni e le emozioni di ciò che si è appena fatto davanti ad un caffè, un bicchiere di vino con un panino, e pacche sulle spalle a complimentarsi per quel passaggio nel fango colloso tra i sassi con una moto vecchia di vent’anni e gravida di 200 chili. Tutte le mie ripartenze vedevano obbligatoriamente il timbro di certificazione di passaggio (questo è l’unico punto dove ho ragionato come se stessi facendo la Dakar. Timbro o morte!) che nel contempo scandiva l’avvicinarsi della fine di queste emozioni, che capivo già quanto mi sarebbero mancate. Così tra guadi, visite alle cantine, soste ristoro improvvisate con arrosticini e lambrusco a bordo percorso, ho concluso la mia Morenica con almeno 6/7 chili di fango in ogni dove, la pancia piena, e un sorriso lungo un fine settimana.
Finito il giro non è certo finita la giostra, quindi ci si ritrova sotto il tendone per le premiazioni, che prevedono per tutti i partecipanti un kit che raramente ho potuto vedere in altre manifestazioni, ma anche delle targhe ufficiali per le varie categorie, di cui cito ad esempio quella per il/la motociclista che arriva da più lontano, vinta quest’anno da una signora che da Monaco di Baviera non ha saputo resistere alla tentazione di visitare i colli morenici in moto in zone generalmente off limits; o quella dedicata alla moto più vecchia, al gruppo più numeroso, ecc. Insomma: anche qui gli organizzatori hanno ben pensato di lasciare spazio alle più varie interpretazioni per dare ad ognuno la possibilità di esprimersi al meglio e di vedersi riconosciuto anche l’impegno per essere parte di questa manifestazione che ho capito essere qualcosa di più. Ho visto negli organizzatori un gruppo forte e compatto, una sorta di famiglia allargata, in cui l’aiuto reciproco è più concreto e reale che in molte famiglie tradizionali. Basti pensare al mio grande amico e primo apprendista Andrea Cantoni, che da Milano è partito per venire a supportare un Andrea Grazi di nuovo papà, a soli 20 giorni da questa Morenica. E quindi un complimento in più a lui ed alla sua compagna, anche lei presente sul campo con tutta la figliolanza a seguito, sorridente e disponibile come se fosse in ferie. Anche lei si è dimostrata degna della Morenica, perché a suo modo, è un’eroina.
"Eroi, dove andrete ora, che la guerra è finita?"
Ma che succede dopo? Beh, come vi avevo già accennato nel mio precedente articolo (https://www.sfidadabar.it/post/la-morenica-in-moto-un-avventura-d-altri-tempi) gli intenti della Morenica sono da veri eroi, quelli che si consumano di lavoro e di sacrifici per aiutare gli altri, e quindi eccoli lì a pensare non tanto alla prossima edizione, ma a come finalizzare gli utili di questo evento per aiutare il prossimo. “Entro novembre” mi ha spiegato Andrea Grazi “definiremo come e dove destinare il budget che abbiamo raccolto, organizzando una serata di premiazioni ufficiali e di donazione. Se vuoi puoi venire”. E secondo voi posso mancare? Ho visto eroi del sabato sera, ne ho visti lungo un tracciato divertente ma reso difficile dalle inusuali piogge di questa pazza primavera, e credi voglia rinunciare a vedere gli eroi a cui darete sostegno? Proprio no. Io ci sarò, e documenterò anche quello. Perché ci sono eroi che si fanno vedere, ma i più grandi sono quelli che restando nell’ombra donano luce agli altri.
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