Una nuova rubrica, in cui tratteremo la velocità in declinazioni che si spingeranno oltre ai confini dei circuiti e dei cavalli. Iniziamo questa serie di racconti con un Azzurro che a 22 anni già “volava” sul tetto del mondo sportivo: le olimpiadi di PyeongChang.
Durante questo inverno ho soggiornato a Madonna di Campiglio, la location dalla quale ho cercato di offrirvi qualche contenuto esclusivo, come il test dell'Audi RS4. Qui ho avuto anche l’onore di conoscere la famiglia Maffei, che ha legato allo sport il suo nome già da lunga data: oggi approfondiremo la storia del più giovane, Alberto, che tradendo le tradizioni familiari ha trovato la sua realizzazione.
Fin dalla più tenera età, come nel motociclismo o nell’automobilismo, il giovane Alberto fu introdotto allo sport dai genitori, in questo caso dal padre Mauro, di cui sicuramente vi racconterò, un giorno. Già a 3 anni Alberto fu posto sugli sci, e da lì a poco iniziò a partecipare alle sue prime gare di slalom gigante, slalom speciale e super G. A 14 anni provò lo snowboard, e se ne innamorò follemente, al punto di decidere di abbandonare tutti i suoi successi e la strada tracciata dai suoi predecessori. Da lì, comunque supportato dalla famiglia, iniziò la sua straordinaria ascesa: dapprima 8 anni nel team Nitro, poi da 2 anni a questa parte nel team Burton Europe. E tutto questo essendo in squadra nazionale già a 19 anni, competendo prima in Coppa Europa, e poi ovviamente in Coppa del Mondo. Ma non fu abbastanza per questo talento: il suo obbiettivo era il sogno a cinque cerchi, e nel 2018 il sogno si avverò con la convocazione per i Giochi. Tutto perfetto, quindi? Ovviamente no…
Velocità e lentezza, compagne e nemiche
A poco meno di un mese dalla partenza, durante un allenamento, Alberto cadde rompendosi una clavicola.
Il sogno sembrò destinato a diventare un incubo.
Ma non fu quello il momento di rallentare, quindi grazie ad un’operazione, in una settimana si rialzò, pronto di nuovo ad allenarsi, saltando e preparando la sua più grande sfida: battere l’infortunio, le sue paure, ed arrivare pronto alle Olimpiadi. Riuscì in questa impresa, e ne fece tesoro, perché quando poco tempo dopo, nell’aprile 2019, si ruppe il legamento crociato del ginocchio, capì che benché la sua mente lo portasse a sentirsi guarito e pronto in due soli mesi, talvolta la cosa migliore da fare per uno sportivo è rallentare, e dare ascolto all' equipe medica che ti segue, concedendoti i tuoi tempi.
“Comunque la mente è straordinaria,” mi confida Alberto durante la nostra intervista, “perché davvero io ero pronto per correre dopo due mesi. Però non volevo rovinarmi, ed ho ascoltato i professionisti che mi seguono. Alla fine competo ad un livello già durissimo di suo: se non sei al 100% non hai possibilità…”
Il suo è un campionato misto, che noi seguaci del motorsport facciamo fatica a comprendere nella sua logica funzionale, o almeno per me, è così.
In buona sostanza ci sono due tipologie di competizioni: il Big Air, e lo Slopestyle. Nel primo il gioco è semplice, devi solo fare un salto, mentre nel secondo devi mettere in sequenza più salti con alcuni ostacoli che replicano i corrimano o le panchine dello skateboard.
“Sì, così è un po’ riduttiva, ma rende l’idea. Nel Big Air è tutto o niente: devi fare la tua manovra migliore, il tuo salto più complesso, e vieni giudicato per quella singola prestazione; mentre nello Slopestyle devi mettere insieme una run composta da più elementi, ma al livello a cui siamo arrivati oggi in coppa del mondo, se sbagli un niente, comprometti tutto.” Ecco: io qui ci ho visto la vecchia formula della Superpole del mondiale Superbike, per descrivere il Big Air ad un motociclista (con una cultura di corse vecchia di almeno 10-15 anni se non di più) mentre mi sembra che per livello e difficoltà lo Slopestyle possa essere paragonato ad una gara della moderna MotoGP.
“Non saprei risponderti, perché non sono così ferrato di moto, ma di sicuro a differenza del mondo delle moto il nome che porti dà un peso diverso al tuo risultato. Mi spiego: essendo la valutazione della tua prestazione assolutamente soggettiva, è comprensibile che i giudici, involontariamente, diano quel mezzo punto in più al grande nome piuttosto che a chi non ce l’ha. Poi parliamoci chiaro: io ammiro chi è arrivato lì, perché anche lui all’inizio il grande nome non ce l’aveva, ma se lo è fatto faticando quanto e più degli altri per emergere. Per quanto riguarda lo Slopestyle invece è diverso; perché devi sempre spingere al massimo dal primo salto, dal primo ostacolo, e basta un micro errore per compromettere la gara. Se, ad esempio, atterri in switch (con il piede contrario rispetto al dominante n.d.r.) non hai tempo per girarti e correggere il salto successivo, che di conseguenza non sarà perfetto, e via a seguire. Comunque te ne accorgi subito. Già in aria. Anzi, a dirla tutta te ne accorgi già dallo stacco, che è l’ottanta per cento del salto. A volte però capita che stai spingendo a mille, hai una run perfetta, una da medaglia d’oro… poi cadi, proprio perché stavi spingendo al limite, e passi dall’essere un campione all’essere un somaro che ha buttato via tutto. Il limite è sottile…”
Ecco: queste sono le frasi che noi amanti del motorsport capiamo perfettamente. E vi assicuro che mentre mi raccontava queste cose, il trasporto nella sua voce, quella luce nei suoi occhi… mi sembrava di essere lì, insieme a lui, a volare su quei salti che io, da snowboarder della pianura padana, mi guardo bene anche solo dal volere avvicinare…
Ed a questo punto la mia curiosità mi ha portato a fare una serie di domande delicate, alle quali però Alberto ha risposto con uno smagliante sorriso e con una consapevolezza che supera di gran lunga i suoi anni.
“L’esperienza batte l’età? Mah… nel mio sport non è una cosa molto frequente, ma non è impossibile. Valentino Rossi è un esempio di come a parità di situazione tecnica l’esperienza ti permetta di essere competitivo e vincente anche contro giovani estremamente talentuosi, benché ovviamente nel mio sport sia un po’ diverso… Diciamo che se sei Shawn White è più semplice… Lui è stato il “nostro” Valentino Rossi.
Per quanto riguarda la differenza d’età dei miei avversari, così come quella dei miei compagni, vedo una crescita esponenziale di nuovi talenti in tutto il mondo. In particolare Stati Uniti e Giappone, che ogni anno sfornano un ragazzino micidiale che fa cose incredibili, portando il livello del nostro sport sempre più in alto. Noi in Italia abbiamo un bel vivaio, nonostante tutto. In modo particolare mi riferisco a Loris Framarin, un compagno di squadra, e tra i più giovani io punto sul futuro di Nico Bondi, che si allena come me qui a Campiglio.”
Anche qui ho avuto la percezione di una visione lucida e competente della situazione che non mi stupisce, visto il soggetto, ma mi colpisce parecchio visto che snowboard e skateboard hanno da troppo tempo l’etichetta di essere il passatempo sportivo dei poco di buono [ed aggiungo: avendo iniziato a surfare più di 20 anni fa, e a fare skate ancora prima, so bene di cosa parlo…] e purtroppo anche oggi questa nomea grava sulla Federazione anche…nei bilanci! Infatti Alberto mi ha rivelato alcuni frangenti del suo sport che troppo spesso vengono dimenticati o addirittura non considerati.
Nulla è gratis.
“Questo è uno sport vero, che richiede sacrificio a 360 gradi. Noi siamo atleti veri, che seguono una preparazione fisica, una dieta studiata, allenamenti quotidiani… poi ovviamente ci divertiamo a fare quello che facciamo, quindi in giro siamo sempre sorridenti e felici, anche quando magari le gare non vanno come avremmo voluto, ma non è tutto rose e fiori… Lo snowboard è costosissimo. Purtroppo in Italia se si parla di sport si pensa al calcio, ma lì le spese sono un cinquantesimo, e purtroppo invece lì girano sponsor con cifre da capogiro, mentre per noi, che dobbiamo girare il mondo e comprarci attrezzature, non arrivano nemmeno le briciole! Fortunatamente la Federazione sta facendo molto a tal proposito, ma se non sei in una buona squadra, se non fai dei risultati tali da farti supportare da sponsor che sfruttano la tua popolarità nell’ambiente, o se non ti sai vendere come personaggio, non vai lontano. Alla fine non puoi pesare sulla tua famiglia per tutta la vita, se di questa passione vuoi farne un lavoro. Io ad esempio credo che ad oggi le migliori possibilità vengano fornite dai gruppi sportivi statali, come quelli militari. Io ad esempio sono in aeronautica [e dove, altrimenti? :-)] come aviatore scelto. Questo, unitamente al supporto di Burton e della Federazione, mi permette di essere completamente indipendente e di poter dire che ho realizzato il mio sogno, vivendo di ciò che amo.”
Ecco; ancora una volta voglio riflettere sulla velocità con cui questo giovane sportivo ha deciso di cambiare la propria direzione, muoversi rapidissimo verso i suoi obbiettivi, superarli per poi trovare nuovi limiti da poter ancora superare, in una costante sfida con sé stessi, contro il tempo e la crescita. Ma non sarà troppo? Non può essere necessario togliere quel filo di gas che magari ti aiuta a lanciarti meglio nella prossima curva della tua vita? Alberto mi risponde serio, ma apparentemente molto sereno: “Sì, sicuramente in questo sport, come abbiamo già detto anche in virtù dei giovani sempre più giovani e sempre più forti, non ci metti tanto ad essere fuori dalla partita, ma io ho già il mio piano. Vorrei arrivare a competere alle Olimpiadi italiane, e poi ritirarmi dall’agonismo e magari diventare allenatore, ovviamente se potrò preparare atleti a questo livello.”
Di questa intervista mi restano due cose soprattutto: la capacità di sapere perfettamente dove si è in ogni momento di un salto (anche a testa in giù durante una rotazione in avvitamento…io al solo dirlo ho quasi la nausea…) e la capacità di riflessione alla massima velocità che il tuo corpo può sostenere durante lo sforzo.
Uno sguardo tagliente, un sorriso solare, ed una determinazione solida come le montagne che lo hanno cresciuto, rendono Alberto Maffei una certezza in questa disciplina splendida e fantasiosa che è lo snowboard; e lo consacrano come una figura di riferimento per tutti i giovani che vogliono emulare le sue gesta. La sua velocità nasce da basi solide, da una mente lucida e ferma, dimostrando per l’ennesima volta che bisogna saper stare fermi per poter essere veloci.
Comments